Pietro Masoero: la documentazione della scuola pittorica vercellese (1985)

in Bernardino Lanino, catalogo della mostra (Vercelli, Museo Borgogna, aprile – luglio 1985), a cura di Paola Astrua, Giovanni Romano. Milano: Electa, 1985, pp. 150-154

 

 

“lo non ho che un rimpianto, ed è che la fotogra­fia non sia ancora giunta a fermare sulla lastra i colori, per poter presentare queste opere in tutto il fulgore della loro bellezza.”[1] Così si esprimeva Masoero illustrando al pubblico della Società Artistica di Milano la sua confe­renza sulla Scuola pittorica vercellese, già presentata nei primi mesi del 1900 nell’aula della scuola di anatomia della Accademia Albertina di Torino, per la serie di conferenze in­dette dalla Società Fotografica Subalpina[2]. Erano questi gli anni di maggiore impegno per Pietro Masoero, il cui attivismo in campo fotografico veniva riconosciuto ufficialmente dap­prima col conferimento di una “Grande meda­glia d’argento data dal Ministero della Pubbli­ca Istruzione”[3] per le sue speciali benemerenze verso l’arte fotografica, quindi con la nomina a Cavaliere della Corona d’Italia. Furono questi riconoscimenti a coronare il suo impegno de­cennale di protagonista del dibattito fotografi­co italiano ed a segnare il suo definitivo ricono­scimento a livello nazionale, insieme ad altri, pochi, nomi di fotografi piemontesi: Francesco Negri, Secondo Pia, Vittorio Sella; ciò che forse stupirà chi si occupa di storia della fotografia italiana, poiché il nome di Masoero è a tutt’og­gi, a fronte di quelli appena citati, quello di uno sconosciuto.

L’attività di Masoero, nato ad Alessandria nel 1863, inizia a Vercelli, dove dal 1880 è impiega­to quale operaio fotografo presso lo studio Ca­stellani. L’apprendistato in questo studio non è senza conseguenze per la sua formazione: Fe­derico Castellani, titolare di due studi ad Ales­sandria e Vercelli, presentando nel 1873 il suo Album delle principali vedute edifizi e monu­menti della città di Vercelli, si qualificava qua­le “membro dell’Accademia artistica Raffaello – Socio Onorario dell’Istituto di Belle Arti del­le Marche … “, dimostrando un interesse per il mondo dell’arte che certo non passò inosserva­to al giovane aiuto, così come si deve presumi­bilmente sempre ai Castellani se Masoero ri­sulta, al 1892, con Teresa Castellani (vedova di Luigi, morto nel 1890) Felice Alman, Carlo Mar­setti e Vittorio Sella uno dei pochissimi abbo­nati piemontesi al “Bullettino della Società Fo­tografica Italiana”, allora e per molto tempo ancora il più qualificato organo a stampa del mondo fotografico italiano.[4]

Il 1890 segna il passaggio alla attività in pro­prio. Masoero apre in giugno il suo studio, ma la sua emancipazione risale a qualche tempo prima quando – ancora direttore dello studio Castellani – illustra il numero unico de «La Se­sia» dedicato alla inaugurazione del monumento a Garibaldi. Alcuni anni dopo illustrerà un altro numero unico, dedicato all’ossario di Pa­lestro, fotografando sia i luoghi della battaglia che i progetti dell’ossario e lo stesso architetto Sommaruga.[5] Nascono questi incarichi dal consolidamento della sua fama locale e dai suoi rapporti con l’ambiente vercellese di matrice liberal-progressista, iniziati alcuni anni prima quando, nell’ambito della Associazione Gene­rale degli Operai per mutuo soccorso ed istru­zione, di cui è presidente, entra in contatto con Antonio Borgogna e quindi con Cesare Faccio, cui si deve forse l’incarico a Masoero per la do­cumentazione dell’ossario.

Ancora nel 1898 il n. 4 di “Arte Sacra”, dedicato a Vercelli, conterrà numerose fotografie di Ma­soero, tra cui la Madonna degli aranci di Gau­denzio Ferrari in San Cristoforo e la Madonna della Grazia in San Paolo, immagine che illu­stra un breve testo dallo stesso titolo, siglato P.M., verosimilmente da attribuire a Masoero stesso, che costituisce il primo documento no­to del suo interesse per il patrimonio artistico vercellese. Da sottolineare come si debba ascri­vere alla capacità di Masoero di costruire e consolidare da un lato relazioni sociali qualifi­cate e dall’altro di superare il ruolo di fotogra­fo per dedicarsi alla pubblicistica di divulga­zione culturale, il progressivo e rapido consoli­damento del suo ruolo di documentatore del patrimonio architettonico e artistico vercelle­se che in precedenza era stato svolto da Castel­lani e soprattutto da Pietro Boeri, il quale con l’album fotografico dedicato agli Affreschi di Gaudenzio Ferrari nella Chiesa di San Cristofo­ro a Vercelli, edito nel 1886, aveva fornito un ec­cellente esempio, mai superato a livello locale, di documentazione e lettura critica di un ciclo pittorico.[6]

Agli impegni locali si affiancano a partire dal 1898 le attività più specificamente connesse al­la professione fotografica che lo vedono impe­gnato sia nel campo della qualificazione pro­fessionale – sua è la prima proposta di istitu­zione di una scuola di fotografia[7] – sia nella ri­flessione teorica sullo specifico fotografico: “La fotografia – si chiede Masoero – è un’arte o no ? .. nel nostro lavoro vi è una parte scientifi­ca ed una artistica … L’arte interviene nella de­terminazione della posa, e la migliore esposi­zione è un’ispirazione … L’arte fotografica deve formarsi un tipo proprio, deve essere fotogra­fia e non incisione, o pastello o altro”.[8]

A questa lucidità corrisponde un altrettanto chiaro impegno morale: “L’arte fotografica de­ve avere un compito, un mandato: lo studio del­la natura in modo vero, perfetto, sia nell’insieme sia nel particolare. L’arte fotografica deve avere un’ispirazione: di diventare il documento inspiratore e coadiuvatore dell’arte con le sue potenti verità.”[9]

Le riflessioni di carattere teorico sono seguite da interventi più puntuali, in cui l’uso dello strumento fotografico è analizzato nelle sue possibilità e difficoltà tecnico-espressive; così, riflettendo sui problemi della fotografia di do­cumentazione artistica, Masoero affronta il problema delle conseguenze della dilatazione dei supporti positivi per cui la “dilatazione del­la carta non meno nocumento porta alle linee architettoniche di un monumento, facendo pa­rere più larghi o più acuti certi archi in cui un’i­nezia può far perdere assai della loro grazia, così pure un disegno, particolarmente di piani e sezioni, e di quadri.”[10]

Con questi presupposti ci si potrebbe attende­re una specializzazione professionale nel cam­po della documentazione del patrimonio arti­stico ed architettonico, ma ciò non avviene. L’ampliarsi della sua fama è dovuto alle quali­tà di ritrattista, per le quali riceve, a partire dal 1893 alla Esposizione di Ginevra, una messe di premi, ed al suo impegno di organizzatore e di divulgatore a livello nazionale ed internaziona­le che lo vede tra i segretari dei primi due con­gressi fotografici italiani (Torino 1898, Firen­ze 1899), quindi rappresentante con Rodolfo Namias della Società Fotografica Italiana al Congresso di Parigi del luglio 1900 e autore di quel Decalogo del dilettante fotografo, pubbli­cato per la prima volta nel 1900, che divenne immediatamente il suo testo più noto e celebra­to.[11] Non è questa la sede per indagare a fondo le motivazioni che lo portarono invece ad inte­ressarsi, a titolo personale, del patrimonio arti­stico, motivazioni che nascono da una serie complessa di rapporti e riferimenti, costituiti dalla presenza in ambito locale di personaggi quali Camillo Leone e Antonio Borgogna e dal ruolo svolto da quelle singolari figure di foto­grafi piemontesi che sono Francesco Negri e Secondo Pia, con cui Masoero era in contatto, che certo gli furono esempio e termine di riferi­mento per la sua attività di uomo di cultura che usa le possibilità nuove offerte dalla fotografia per realizzare quel processo di promozione cul­turale che era il fine ultimo della sua azione. “Il Pia dona alla storia futura – dice Masoero – quanto sfugge al raccolto delle grandi case, che riproducono per commerciare, ed il suo la­voro è l’elemento più prezioso per chi studia”.[12] In questo breve giudizio, che è anche una dichiarazione di intenti, si legge con chia­rezza la posizione del fotografo che individua nell’obiettivo della commercializzazione il li­mite culturalmente negativo delle campagne fotografiche dei grandi stabilimenti, a favore di un progetto che si vuole caratterizzare inve­ce quale operazione culturale e strumento di conoscenza. Da qui l’attenzione per la fotogra­fia come mezzo che ci viene suggerita dalla con­ferenza presentata a Parigi al Congresso Foto­grafico Internazionale su L’applicazione della fotografia allo studio dell’arte[13], di cui non ci è pervenuto il testo, che indica fin dal titolo il ruolo strumentale assegnato alla nuova tecni­ca, senza che per questo ne venga misconosciu­to il valore autonomo, che anzi si fonda proprio sul riconoscimento dello specifico codice lin­guistico connesso all’uso coerente delle parti­colari qualità di traduzione.[14] Né si può dimen­ticare che questo progetto si inseriva coerente­mente in quella ampia corrente di opinioni e comportamenti che Ando Gilardi ha definito “socialismo fotografico”, ben sintetizzata nelle parole di Paolo Mantegazza: “… come il Cristo nel Vangelo, che moltiplicava i pani e i pesci per sfamare le moltitudini, essa [la fotografia] moltiplica le opere d’arte e concede anche ai di­seredati della fortuna, il possedere una dome­stica galleria dei quadri più insigni dei sommi artisti”.[15]

L’iperbole retorica del brano può forse scon­certare e risultare oggi per certi versi non com­prensibile e artificiosa, ma offre esattamente la misura del tempo trascorso e la distanza che ci separa dallo spirito di quelle iniziative in cui l’uso delle scoperte e invenzioni più recenti ve­niva posto al servizio di un progetto politico­ culturale preciso.[16]

La fotografia di documentazione quindi non tanto e non solo quale ausilio dello studioso e merce da offrire al turismo colto dell’epoca, ma anche strumento di definizione di varie identità culturali che nelle radici locali cerca­no le basi per un riconoscimento paritetico a li­vello nazionale, e in questo senso il caso vercel­lese mi pare sintomatico, e ancora, ausilio di­dattico, strumento di realizzazione del pro­gramma che abbiamo ricordato.

Questi temi e problemi convergono e si concretizzano nella serie di conferenze tenute da Pie­tro Masoero: Arte e fotografia[17]  ampia e do­cumentata rassegna sulle principali tendenze fotografiche nazionali ed internazionali e La scuola pittorica vercellese, che cercheremo di presentare in modo più dettagliato.

“Le conferenze con proiezioni rappresentano la forma migliore che presentemente si usa nei grandi centri per illustrare l’arte (…) le proiezioni sono indispensabili, imperocché nessuna parola, per quanto viva e colorita essa sia, riuscirà mai, neanche lontanamente, in un tempo lun­ghissimo, quello che la proiezione in un attimo stampa indelebilmente nella mente dell’ascol­tatore”.[18] Il testo della conferenza, di circa ot­tanta pagine compilate a mezza colonna, corre­dato da 78 diapositive (90 in una prima redazio­ne) si suddivide in due parti: la prima, che si apre con una breve descrizione delle vicende storico-politiche del Piemonte e del Vercellese, passa in rassegna quelli che vengono indicati quali precursori della scuola vercellese (Boni­forte Oldoni, Eusebio Ferrari da Pezzana, Mar­tino Spanzotti, Defendente Ferrari, Stefano Scotto) e si conclude con una lunga analisi delle opere di Gaudenzio Ferrari (pp. 20-45) da cui qui importa estrarre e riconoscere le moti­vazioni di fondo, riferibili a tutto il fenomeno, che hanno spinto Masoero a studiare e divulga­re le opere di questi pittori, ben sintetizzate nel brano dedicato alla Madonna degli aranci:  “Basterebbe questa sola opera per dare ad un artista gloria imperitura (…) Eppure quanti la co­noscono? Pochissimi, ed il silente coro della chiesa, che tale tesoro accoglie, rare volte sente interrotta la sua pace claustrale dal bisbiglio di ammirazione dei visitatori; ed il più sovente, questa, non è espressa in italica favella”.[19] Ecco allora la necessità di divulgare, di far co­noscere, come avviene anche per Bernardino Lanino per il quale “una delle cause per cui (…) fu troppo dimenticato è quella che pochissimi suoi lavori sono noti e visitati”.

L’opera del Lanino è presa in esame nella se­conda parte della conferenza che iniziando da una breve disamina della nascita dell’interesse per la scuola pittorica vercellese e del costituir­si di una storiografia specifica, individuati nel­l’opera di Roberto d’Azeglio e degli “studiosi di patrie glorie (che) andarono alla ricerca delle opere dei maestri vercellesi”, prosegue con gli anni della formazione del Sodoma per passare quindi ad analizzare l’opera di Gerolamo Gio­venone e Bernardino Lanino e concludersi con gli anni della decadenza, che Masoero fa coinci­dere con la morte del Lanino stesso, mentre “gli eredi della fama e delle ricchezze delle tre fami­glie (Oldoni, Giovenone, Lanino) che fondarono nutrirono e formarono la scuola, la più bella gloria artistica di tutto il Piemonte, si adagia­rono nella agiatezza e nella facilità connesse ad un bel nome, e non si scossero più”. La produ­zione laniniana viene descritta ed analizzata nel suo svolgimento cronologico e nella sua evoluzione stilistica a partire dagli affreschi del Duomo di Novara, ora collocati ad una data più tarda, di cui presenta la Fuga in Egitto “frammento di vaste composizioni, trasportato nella sacrestia (…) allorché si demolì l’antica chiesa, in cui furono dipinte da questo artista quando ancora sentiva tutta l’influenza del suo maestro Gaudenzio Ferrari”[20], per giungere si­no alla Madonna della Grazia in San Paolo, con­siderata “la tavola più importante del maestro [che] tuttavia è affatto sconosciuta”.

Se escludiamo il ciclo di affreschi novaresi il percorso visivo laniniano suggerito da Masoe­ro è tutto interno alle opere vercellesi (ricordia­mo che la conferenza si tenne anche a Milano) e comprende oltre ai lavori già citati parte degli affreschi del ciclo delle Storie di Santa Cateri­na, a proposito dei quali, correggendo un giudi­zio dell’abate Lanzi che diceva il Lanino “nato come il Ferrari per grandi istorie”, ricorda che “troppo spesso si inspirò alle composizioni del maestro suo e non seppe opporsi alla tendenza dei figli, che badarono piuttosto a fare molto che bene”, lo stendardo della Confraternita di Sant’Anna, l’affresco nel coro della chiesa di San Bernardino “un saggio delle composizioni drammatiche del maestro vercellese”, il Com­pianto sul Cristo morto a San Giuliano, la Depo­sizione dipinta per la chiesa di San Lorenzo e la Madonna col Bambino e Santi, entrambe alla Sabauda, la Madonna del cane del museo Bor­gogna e la Pala Olgiati a San Paolo. Risulta dal­l’elenco l’assenza totale di opere anche molto note come quelle biellesi, all’ epoca già fotogra­fate da Secondo Pia; il dato mi pare interessan­te: esclusa l’ipotesi della non conoscenza, è Ma­soero stesso a ricordare che Lanino “lavorò as­sai in tutta la provincia vercellese, nella Valse­sia e nel Novarese risalendo su per la valle del­l’Olona fino a Saronno”, l’assenza di queste opere sembra connessa alla pratica di volonta­rismo assoluto quindi di difficoltà a documen­tare quei lavori che per la loro ubicazione ren­devano molto onerosa la realizzazione delle ri­prese.

Dall’elenco di opere presentate nel corso della conferenza abbiamo omesso la Madonna con due Sante, già appartenente ai marchesi di Gat­tinara, ora ubicazione ignota, che Masoero as­segna alla maturità del Lanino e che ora viene attribuita a Giuseppe Giovenone il giovane; è questo – insieme all’affresco in San Bernardi­no oggi attribuito al Moncalvo – uno dei non molti casi di attribuzione errata, tra i quali si segnala la Madonna col Bambino e Santi dell’O­spedale Maggiore di Vercelli per la quale la stampa fotografica (n. 14584) dà una attribuzio­ne a Bernardino Lanino, mentre lo stesso Ma­soero, presentandola nel corso della conferen­za, segnalava “la scritta, indubbiamente apocrifa, Bernardino Lanino 1574” e proseguiva: “Porta lo stemma dei Volpi”. Fu attribuita an­che ad Ottaviano Cane, ma più probabilmente è di Cesare Lanino, primo figlio di Bernardino. Conforta la supposizione l’aver i figli di Lanino molto lavorato in Lomellina ed i Volpi erano di quella regione”. Il non aver reperito il negativo corrispondente impedisce per ora di stabilire una datazione della stampa stessa e di verifica­re quindi la successione delle attribuzioni; ma ciò che ne fa un caso interessante è la successi­va osservazione, sempre di Masoero: “Fu, que­sta tavola, anche molto ritoccata e la fotogra­fia, nel riprodurla svelò tutta la parte più re­cente della pittura, che non era ben visibile al­l’occhio umano”. Riemerge qui la cultura speci­fica del fotografo, in grado di usare al meglio le caratteristiche tecniche degli strumenti a sua disposizione, di sfruttare anzi positivamente gli stessi limiti, determinati in questo caso dal­la incapacità delle emulsioni fotografiche di re­gistrare i colori in modo costante ed indifferen­ziato; la scarsa resa tonale della gamma croma­tica propria delle emulsioni ortocromatiche, che pure avevano costituito già un grande pas­so avanti, è qui sfruttata per ricavare il massi­mo di informazione possibile, secondo il ricor­dato principio della fotografia quale “docu­mento inspiratore e coadiuvatore dell’arte”. L’impegno di divulgatore prosegue con la con­ferenza dedicata a Il Rinascimento della pittu­ra in Piemonte, tenuta ad Alba nel 1902[21],  men­tre si estendono i suoi contatti con le più note personalità del mondo della cultura quali Al­fredo d’Andrade, per il quale fotografa alcuni interventi di restauro a Orta ed Arona[22], e Gu­stavo Frizzoni il quale, in occasione del minac­ciato abbattimento del chiostro di Santa Maria delle Grazie a Varallo scrive ad Antonio Massa­ra richiamandosi alla autorevole opinione espressa “dall’egregio fotografo Masoero”[23]. La documentazione del patrimonio architetto­nico, iniziata già sullo scadere del secolo, si concretizza nel 1907 con la realizzazione del vo­lume dedicato alla basilica di Sant’Andrea, per il quale fornisce l’apparato iconografico a cor­redo dei rilievi del Mella, proseguendo poi con le illustrazioni per l’articolo di Guido Maran­goni Il Sant’Andrea di Vercelli, pubblicato in “Rassegna d’Arte” nel corso del 1909[24] e quindi col tredicesimo volume della serie “Italia Monu­mentale” del 1910, in cui ad un breve testo intro­duttivo di Francesco Picco fanno seguito 64 ta­vole fotografiche realizzate dallo Studio Masoero[25].

Il 25 ottobre 1908 si costituisce a Vercelli un Comitato per le celebrazioni del IV centenario della nascita di Lanino; Masoero, che fa parte della Giunta esecutiva, riprende per l’occasio­ne il tema affrontato alcuni anni prima ed ese­gue una documentazione a tappeto, seppure non esaustiva, delle opere della scuola pittori­ca vercellese ed in particolare del Lanino. Anche in questa occasione la competenza professionale ed il costante aggiornamento danno i loro frutti: sebbene manchino dati certi in proposito, alcuni indizi fanno supporre che Ma­soero abbia riprodotto contemporaneamente le opere sia in negativo, utilizzando lastre orto­cromatiche Cappelli in formato 21/27 cm, sia mettendo immediatamente a frutto la recente commercializzazione delle autocromie Lumiè­re, con le quali era in grado di soddisfare con­temporaneamente la duplice esigenza di larga diffusione – erano infatti diapositive da proie­zione – e di restituzione della gamma cromati­ca, realizzando il desiderio espresso nel corso della conferenza del 1901.

Una parte di queste autocromie, per le quali si rimanda all’elenco ragionato, viene utilizzata la sera del 22 settembre 1910, al Politeama Fac­chinetti, per illustrare la conferenza sulla Scuola pittorica vercellese tenuta da Luigi Cesare Faccio, “promossa dal Municipio e dalla locale Società di cultura” in onore dei parteci­panti al XIII Congresso Storico Subalpino che si tiene a Vercelli.[26]

Diversamente da quanto era accaduto nel 1901 e per ovvie ragioni, l’attenzione maggiore è ri­servata al Lanino, cui sono dedicate 103 auto­cromie su 242, comprendendo anche numero­sissime opere non vercellesi: Borgosesia, Casa­le, Tortona, Valduggia ecc.; da notare ancora una volta l’assenza delle opere biellesi mentre è presente – forse grazie agli stretti rapporti esi­stenti tra i due – il ciclo di affreschi nella chie­sa di San Magno a Legnano, reso noto nell’Ago­sto dello stesso anno da Guido Marangoni[27]. L’opera di documentazione legata al ciclo di ce­lebrazioni laniniane chiude la serie delle cam­pagne fotografiche di Pietro Masoero, il cui fondo, ormai noto ed esposto pubblicamente al Borgogna[28], verrà più volte utilizzato da autori quali Weber (1927) Brizio (1935) Jacini (1938). Masoero stesso pubblicherà in forma ridotta nel volume collettivo Vercelli nella storia e nel­l’arte il suo saggio sulla “Scuola vercellese”, corredato da alcune fotografie, modesta con­clusione del suo lungo impegno.[29]

 

 

Laura Berardi, Pierangelo Cavanna,  Elenco ragionato delle fotografie  di Pietro Masoero relative all’ opera di Bernardino Lanino

 

 

L’indagine è stata condotta sui fondi fotografi­ci del Museo Borgogna di Vercelli, fondo Ma­soero (MB/M), in cui sono conservati i negativi su lastra, le autocromie e alcune stampe; sul fondo Rovere dei Musei Civici di Torino (MCT/R); sul fondo Bickley della Fondazione Sella di Biella (FS/B) e nelle fototeche dell’Isti­tuto di Storia dell’Arte della Facoltà di Lettere dell’Università di Torino (ISA), del Kunsthisto­risches Institut di Firenze e del Gabinetto Fo­tografico Nazionale di Roma. La consultazio­ne ha consentito di rilevare una diffusione a carattere regionale delle immagini relative al­le opere laniniane, mentre l’altro importante ciclo documentario di Masoero, relativo alla basilica di Sant’Andrea di Vercelli, è presente in parte anche presso il Gabinetto Fotografico Nazionale. Per la datazione dei materiali rile­vati, costituiti – salvo diversa indicazione ­da negativi su lastra di 21/27 cm, da stampe al citrato e alla gelatina bromuro d’argento da questi ricavate per contatto e da autocromie Lumière di 9/13 cm, essa va riferita complessi­vamente agli anni 1909-1910.

Non sono state reperite sino ad ora le diaposi­tive da proiezione utilizzate negli anni 1900­-1901 per illustrare le due conferenze Arte e fotografia e La scuola pittorica vercellese, forse perdute.

 

L’elenco, organizzato topograficamente, regi­stra per ogni soggetto la presenza di negativi, positivi e autocromie; il numero che segue questa specifica ne indica la quantità, mentre in parentesi sono registrati i numeri di identi­ficazione apposti da Masoero, generalmente a doppia numerazione per le autocromie. Segue la collocazione: mentre per negativi e diaposi­tivi (autocromie), conservati solo al Museo Borgogna, questa è costituita dal solo riferi­mento interno, provvisorio, in attesa del defi­nitivo riordino del fondo stesso, per i positivi è indicato anche il fondo di provenienza, iden­tificato con le sigle precedentemente indicate. Si è preferito in questa occasione non com­prendere nell’elenco le numerose stampe con­servate nei diversi fondi, presumibilmente di Masoero ma prive di identificazione, in attesa che la ristampa dei negativi originali consenta più puntuali riscontri.

 

Borgosesia, Parrocchiale

Madonna col Bambino e Santi Negativo: gen. 3 (23, s.i.); coll. 7/85

Autocromia: gen. 1 (58/70), part. 3 (16/-, 51/72, 60/71) fratturata la 16/-; coll. 85/1.

 

Casale Monferrato, Oratorio del Gesù

Circoncisione e Angelo con carti­glio

Negativo: gen. 2 (39, s.i.), part. 1 (38); coll. 7/85

Autocromia: gen. 1 (15/74), part. 3 (16/75,17/77,18/76); coll. 85/2.

 

Legnano, Chiesa di San Magno

Ciclo di affreschi con le Storie della Vergine

 

Fuga in Egitto

Negativo: gen. 1 (28); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (19/82) frattu­ra angolare; coll. 85/3

Sposalizio della Vergine Negativo: gen. 1 (29); coll. 5/85

Adorazione dei Magi

Negativo: gen. 1 (30); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (12/79) frattu­rata; coll. 85/3

Circoncisione

Negativo: gen. 1 (31); coll. 5/85

Adorazione dei pastori

Negativo: gen. 1 (32); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (8/80) due frat­ture; coll. 85/3

Visitazione

Negativo: gen. 1 (33); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (4/81); coll. 85/3

San Rocco

Negativo: gen. 1 (34); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (45/84) frattu­ra centrale; coll. 85/3

San Sebastiano

Negativo: gen. 1 (35); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (42/85); coll. 85/3

Cristo coi simboli della Passione

Negativo: gen. 1 (36); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (43/87); coll. 85/3

Santo Vescovo

Negativo: gen. 1 (37); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (44/86); coll. 85/3

Strage degli innocenti

Negativo: gen. 1 (s.i.); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (22/83); coll. 85/3

Disputa al tempio

Negativo: gen. 1 (s.i.); coll. 5/85

Autocromia: gen. 1 (23/78) ampia perdita di pigmento colorato; coll. 85/3

 

Mortara, Chiesa di Santa Croce

Adorazione dei Magi, all’epoca conservata presso la chiesa di “Santa Trinitates”

Negativo: gen. 2 (41, s.i.); coll. 7/85

Positivo: gen. 1 (s.i.) due copie; coll. MCT/R Se. 21; MB/M n. 41

Autocromia: gen. 1 (13/67), part. 2 (13/68, 15/-); coll. 85/4

 

Novara, Duomo

Ciclo di affreschi con le Storie della Vergine

Fuga in Egitto

Negativo: gen. 2 (35, s.i.); coll. 6/85

Autocromia: gen. 1 (20/89); coll. 85/5

Adorazione dei Magi

Negativo: gen. 1 (40); coll. 6/85

Autocromia: gen. 1 (11/90); coll. 85/5

Visitazione

Negativo: gen. 1 (42); coll. 6/85

Autocromia: gen. 1 (5/92); coll. 85/5

Strage degli innocenti

Negativo: gen. 1 (43); coll. 6/85

Sposalizio della Vergine Negativo: gen. 1 (44); coll. 6/85 Autocromia: gen. 1 (7/91) frattura centrale; coll. 85/5

Annunciazione

Negativo: gen. 1 (47); coll. 6/85

Autocromia: gen. 1 (1/93) piccola frattura d’angolo; coll. 85/5

 

Occimiano, Parrocchiale

Madonna col Bambino, Sante e devote, ‘Pala di Sant’Orsola”

Negativo: gen. 1 (“=6=N. 26”); coll. 7/85

Positivo: gen. 1 (s.i.); coll. MCT/R Se. 21

Autocromia: gen. 1 (62/39), part. 7 (63/102, 64/104, 65/40, 66/106, 67/107, 68/41, -/103); coll. 85/6

 

Oleggio, Chiesa dei Santi Pietro e Paolo

Madonna col Bambino, Santi e donatore

Positivo: gen. 1 (s.i.); coll. MCT/R Se. 21

 

Tortona, Palazzo Vescovile

San Paolo

Negativo: gen. 1 (40); coll. 3/85

 

Positivo: gen. 1 (s.i.); MCT/R Se. 21

Autocromia: gen. 1 (54/100); coll. 85/7

 

Valduggia, Parrocchiale

Adorazione del Bambino

Negativo: gen. 1 (58); coll. 7/85

Polittico

Negativo: gen. 2 (24, s.i.) spezzata la 24, con mascheratura rossa per evidenziare la cornice, part. 1 (24); coll. 7/85

Positivo: gen. 1 (s.i.); coll. MCT/R Se. 21

Autocromia: gen. 1 (69/94), part. 5 (-/95, 70/96, -/97, -/98, -/99); coll. 85/8

 

Vercelli, Palazzo Arcivescovile

Assunzione della Vergine

Positivo: gen. 1 (14610) in due co­pie; coll. MCT/R Se. 21, MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/55), part. 2 (30/56, -/57) frattura d’angolo la 30/56; coll. 85/10

Madonna col Bambino, Santi e donatore

Positivo: gen. 1 (14589); coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/46), part. 1 (-/47); coll. 85/10

Martirio di Santa Margherita (bottega di Giuseppe Giovenone il Giovane).

già con attribuzione a Bernardi­no Lanino

Positivo: gen. 1 (14604); coll. MB/ M

 

Vercelli, Basilica di Sant’Andrea, Sala Capitolare

Angeli musicanti

Autocromia: gen. 1 (35/66) con piccola frattura d’angolo; coll. 85/16

Madonna col Bambino, già con attribuzione a Gaudenzio Ferrari

Autocromia: gen. 1 (-/109); coll. 85/16

 

Vercelli, Chiesa di Sant’Antonio

Crocefissione

Negativo: gen. 1 (92); coll. 2/85

Positivo: gen. 1 (92) in due copie; coll. MCT/R  Se. 21, MB/M

 

Vercelli, Chiesa di Santa Cateri­na, Oratorio

Ciclo di affreschi con le Storie di Santa Caterina

Martirio di Santa Caterina Negativo: gen. 1 (15); coll. 2/85

Autocromia: gen. 1 (53/91); coll. 85/15

Conversione di Santa Caterina Autocromia: gen. 1 (-/26); coll. 85/15

Gruppo di figure con Santa Cate­rina, attualmente non visibile

Negativo: gen. 1 (17); coll. 2/85

Autocromia: gen. 1 (-/37); coll. 85/15

 

Angeli con cartiglio, cinque vele

Autocromia: gen. 5 (-/32, -/33, -/34, -/35, -/36); coll. 85/15

Corona di angeli

Autocromia: part. 2 (-/90, 34/-); coll. 85/15

 

Non appartenente al ciclo

Adorazione del Bambino

Negativo: gen. 1 (16) spaccata; coll. 2/85

Positivo: gen. 1 (16); coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/38); coll. 85/15

 

Vercelli, Chiesa di San Giuliano

Compianto sul Cristo morto

Negativo: gen. 1 (s.i. formato 13 X 18); coll. 1/85

Positivo: gen. 2 (14587 in tre co­pie+ una s.i. in formato 9x 13), part. 1 (s.i. in formato 9x 13); coll. FS/B. MCT/R Se. 21. MB/M, ISA.

Autocromia: gen. 1 (24/-) con frat­tura, part. 5 (25/49, 26/50, 27/51, 28/?8, 29/52) frattura d’angolo al­la 25/49; coll. 85/12

 

Vercelli, Chiesa di San Michele

Sacra Famiglia con Sant’Anna

Negativo: gen. 1 (13); coll. 1/85

Positivo: gen. 1 (s.i.); coll. MCT/R Se. 21

Autocromia: gen. 1 (-/64); coll. 85/13

 

Vercelli, Chiesa di San Paolo

Adorazione del Bambino

Autocromia: gen. 1 (9/46); coll. 85/14

Madonna della Grazia

Negativo: part. 11(18, 19, 20, 21, 22, altri s.i.) spaccata la 21; coll. 8/85

Positivo: gen. 1 (14585); coll. MCT/R Se. 21

Autocromia: gen. 1 (71/42), part. 5 (36/43, 72/44, 73/44, 38/45, 74/45);

coll. 85/14

 

Vercelli, Museo  Borgogna

Madonna col Bambino e i Santi Bernardino e Francesco. “Madon­na del cane”

Positivo: gen. 1 (s.i.) montato su cartone  verde con scritte in oro; coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (?/37), part. 1 (54/38); coll. 85/9

Stendardo della Confraternita di Sant’Anna, all’epoca conservato presso l’istituto di Belle Arti

Positivo: gen. 1 (14591); due copie coll. FS/B, ISA

Autocromia: gen. 1 (-/61); coll. 85/9

Adorazione del Bambino (Mae­stro vercellese, circa 1600), all’e­poca conservata presso Palazzo Gattinara, con attribuzione a Bernardino Lanino

Negativo: gen. 1 (14); coll. 2/85

Positivo: gen. 1 (14); coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/65); coll. 85/9

Madonna col Bambino, Santi e angeli musicanti, già con attribu­zione a Gaudenzio Ferrari

Negativo: gen. 3 (52, altre s.i.); coll. 3/85

Autocromia: gen. 1 (-/115) con frattura; coll. 85/9

Annunciazione, all’epoca conser­vata presso l’Istituto di Belle Arti

Negativo: gen. 1 (69); coll. 8/85

Positivo: gen. 1 (69); coll. MB/M

 

Dal ciclo di affreschi con le Sto­rie di Santa Caterina nell’Orato­rio della chiesa omonima, all’epo­ca conservati presso il Museo Leone

Angeli con cartiglio, cinque vele

Autocromia: gen. 5 (-/1, -/2,32/3, -/ 4, 31/5) fratturata la -/4; coll. 85/9

Battesimo di Santa Caterina

Positivo: gen. 1 (14582); due copie coll. FS/B,  ISA

Autocromia: gen. 1 (46/35), part. 2 (48/36, 49/18); coll. 85/9

Santa Caterina presenta i confra­telli alla Madonna

Positivo: gen. 1 (14583); due co­pie; con. MCT/R Se. 21, ISA

Autocromia: part. 2 (47/23?, 51/48); coll. 85/9

Incoronazione di Santa Caterina

Negativo: gen. 1 (9) spezzata; coll. 2/85

Autocromia: gen. 1 (-/24); coll. 85/9

 

Ciclo di affreschi dalla chiesa di San Francesco ora Sant’Agnese (Gerolamo e Pietro Francesco La­nino?), all’epoca conservati pres­so il Museo Leone, già con attri­buzione a Bernardino Lanino

Angeli musicanti, otto vele

Negativo: gen. 8 (1-8) spezzata la1; coll. 4/85

Autocromia: gen. 8 (-17, -/8, -/9, 38/10,41/11, -/12, -/13, 40/14); coll. 85/9

Annunciazione

Negativo: gen. 1 (lO); coll. 4/85

Autocromia: gen. 1 (2/15), part. 1 (3/16) con ampie perdite del pig­mento colorato; coll. 85/9

Fregi

Autocromia: gen. 1 (-/25); coll. 85/ 9

Angelo che sorregge un finto ocu­lo

Autocromia: gen. 1 (-/60?) con lie­ve frattura; coll. 85/9

 

Vercelli, Museo Leone

Adorazione del Bambino (Gerola­mo Giovenone), all’epoca conser­vata presso la chiesa di San Cri­stoforo con attribuzione a Ber­nardino Lanino

Autocromia: gen. 1 (16/62); coll. 85/11

Adorazione del Bambino (bottega di Gerolamo Giovenone), all’epo­ca conservata presso l’Orfanatro­fio con attribuzione a Bernardino Lanino

Positivo: gen. 1 (12); coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/63); coll. 85/

 

Vercelli, Ospedale

Madonna con Bambino e Santi , già con attribuzione a Bernardi­no Lanino

Positivo: gen. 1 (14584); coll. MB/ M

 

Collocazione ignota

Cristo alla colonna, Madonna col Bambino, all’epoca conservata presso Palazzo Gattinara con at­tribuzione a Gaudenzio Ferrari

Negativo: gen. 1 (52); coll. 2/85

Positivo: gen. 1 (52); coll. MB/M

Autocromia: gen. 1 (-/110) con frattura angolare, part. 2 (-/111, -/ 112); coll. 85/00

 

Collocazione ignota

Madonna col Bambino e due San­te (Giuseppe Giovenone il Giova­ne), all’epoca in collezione priva­ta, forse Marchese di Gattinara, con attribuzione a Bernardino Lanino

Positivo: gen. 1 (17162?) in due co­pie; coll. MB/M, FSIB

 

 

Note

 

[1] Pietro Masoero, La scuola pittorica vercellese, 1901. Il testo, manoscritto, inedi­to, che costituisce lo studio più approfondito svolto da Masoero sul tema, mi è stato gentilmente fornito da Pino Marcone, che rin­grazio, a cui si deve anche il pri­mo studio sul fotografo vercelle­se: Pino Marcone, Pietro Masoero: fotografo vercellese. Vercelli: E.N.A.L.-Famija Varsleisa, 1973, da cui sono tratte tutte le indicazioni biogra­fiche non altrimenti indicate.

[2] Marcone, 1973, p. 21.

 

[3] “Bullettino della Società Fotografica Italiana”, 12 (1900), p.  231.

 

[4] “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 4 (1892). Gli altri fotografi piemontesi entrarono in contatto con la S.F.I. solo in occa­sione del Congresso di Torino del 1898.

 

[5] Palestro: inaugurandosi l’ossario pei caduti del 30-31 maggio 1859. Vercelli: Gallardi & Ugo, 1893, Le fotografie vennero tradotte in incisione da A. Colombo, Angerer e Goschl di Vienna e P. Carlevaris.

 

[6] Boeri-Valenzani, Affreschi di Gaudenzio Ferrari nella chiesa di San Cristoforo a Vercelli, 1886;  con un breve testo introduttivo tratto dalla Vita e opere di Gaudenzio Ferrari pittore, pubblicato a Torino nel 1881 da padre Giuseppe Colombo, con sessantaquattro grandi stampe all’albumina da negativi al collodio. Le foto­grafie che corredano il volume, firmato dai due titolari dello stu­dio, vennero realizzate dal solo Pie­tro Boeri.

 

[7] Nella seduta del 21 ottobre 1898 Masoero presenta per la pri­ma volta la sua proposta di costi­tuzione di una scuola di fotogra­fia, approvata dal Congresso, di­battuta poi, sempre senza succes­so, nel corso dei successivi incon­tri almeno fino al Congresso di Roma del 1911. Solo nel 1909 ven­ne instituita a Torino la prima scuola di fotografia italiana, ma su iniziativa del locale Photo­Club: Giovanni Santoponte, Annuario della fotografia e delle sue applicazioni.  Roma: Tip. Casa Ed. Italiana, 1909, p. 82.

 

[8] Pietro  Masoero, Studi e critiche: Arte fotografica, “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 10 (1898), pp. 161-171 (p. 170).

 

[9] Ibid.

 

[10] Pietro  Masoero, La dilatazione dei supporti, “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 11 (1899), pp.74-78. Il problema tecni­co-metodologico connesso alla realizzazione, conservazione e utilizzazione del materiale foto­grafico documentario sarà af­frontato con grande lucidità e competenza negli anni successivi da Giovanni Santoponte.

 

[11] Pietro  Masoero, Decalogo del dilettante fotografo, in Breve raccolta di fotoriproduzioni e notizie utili. Torino: Società Fotografica Subalpina,  1901. Il testo, edito per la prima volta nel­la Breve raccolta pubblicata dal­la Società Fotografica Subalpina quale strenna sociale per il 1900, venne ripreso dal “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 13 (1901), pp. 163-167, e ristampa­to alcuni anni orsono nel “Noti­ziario” n. 13, del Museo Naziona­le del Cinema di Torino, 1970.

 

[12] Pietro  Masoero, l’Esposizione fo­tografica di Torino. Note e appunti, “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 12 (1900), p.129-134 . Ricordia­mo che Masoero si era già occu­pato di Secondo Pia in Rassegna del mese – Annotazioni, “Rivista Scientifico-Artistica di Fotografia: Bollettino mensi­le del Circolo Fotografico Lom­bardo” 7 (1898), pp. 132-133,177.

 

[13] Pietro  Masoero, Congresso foto­grafico internazionale di Parigi, prima parte, “Bullettino della Società Foto­grafica Italiana”, 12 (1900), p.429-439. Il Congresso fotografico Internazio­nale si tenne a Parigi dal 23 al 28 luglio 1900 in concomitanza dell’Esposizione Universale. La con­ferenza di Masoero, forse corre­data da 29 diapositive di opere di Gaudenzio Ferrari, programmata in un primo tempo per la sera del 25 venne rimandata al 28 luglio e chiuse i lavori del Congresso.

 

[14] Si veda a questo proposito Ettore Spalletti, La documentazione figurativa dell’opera d’arte, la critica e l’editoria nell’epoca moderna (1750-1930), in “Storia dell’arte italiana”, I**, L’artista e il pubblico. Torino: Einaudi, 1979, pp.417.484, ed in particolare le affermazioni di Adolfo Venturi qui riportate, ricavate dalla Pre­messa al Catalogo dello stabili­mento fotografico Adolphe Braun del 1887, p. 471, riconfermate venti­cinque anni dopo dallo stesso Venturi nell’intervista rilasciata a Bragaglia: “debbo riconoscere che se questa [la storia dell’arte] sorta tra le ultime, si è affermata e ha progredito così rapidamen­te, lo è appunto in grazia della fo­tografia che permette gli studi di comparazione con maggiore faci­lità ed efficacia (…) come il migliore mezzo di riproduzione che di­strugge la ragione d’essere del­l’incisione e della calcografia”, Anton Giulio Bragaglia, L’arte nella fotografia, “La Fotografia Artistica”, 9 (1912), pp. 17-19, 55-57, 71-73 (p. 18).

 

[15] Paolo Mantegazza, Introduzione, in Carlo Brogi, Il ritratto in fotografia : appunti pratici per chi posa.  Firenze: pei tipi di Salvadore Landi, 1895, p. 12. Mantegazza, fondatore e diretto­re del Museo Antropologico Etno­grafico di Firenze, era il presi­dente della Società Fotografica Italiana. Il brano citato riprende il tema della fotografia quale strumento democratico a lui ca­ro, che costituiva anche il nucleo centrale del discorso inaugurale della Società stessa, tenuto a Fi­renze il 20 Maggio 1889, cfr. Ando Gilardi, Storia sociale della fotografia. Milano: Feltrinelli, 1976, pp. 199-214.

 

[16] Inutile ricordare che il riscat­to sociale compreso in questo progetto aveva limiti grandi e ben definiti che è facile riscontra­re anche nell’operato di Masoero: nonostante i suoi trascorsi di pre­sidente delle associazioni operaie vercellesi e di promotore della Scuola Professionale il suo nome non compare tra i sostenitori de­gli scioperanti del 1906 che lotta­vano per le otto ore lavorative, anzi la sua appartenenza alla As­sociazione Costituzionale Demo­cratica, nelle cui liste fu eletto nel 1909 assumendo poi l’incari­co di assessore alla Pubblica Istruzione, lascia chiaramente in­tendere a quale schieramento fos­se legato.

 

[17] La conferenza venne tenuta una prima volta a Torino nei pri­mi mesi del 1901 quindi ripetuta a Vercelli, Novara e Lodi; era cor­redata da più di 250 diapositive, tra cui erano comprese, e furono molto ammirate, le prime tricro­mie realizzate da Francesco Ne­gri. Le immagini erano il più del­le volte fornite direttamente da­gli autori stessi, come si ricava dal carteggio Masoero-Sella che si riferisce appunto a questa oc­casione: Archivio Sella, San Gero­lamo, Biella: Fondo Vittorio, car­teggio. Il testo della conferenza, non pervenuto, doveva forse cor­rispondere all’articolo dallo stes­so titolo pubblicato sul “Bulletti­no”, cfr. nota 8.

 

[18] Pietro Masoero, Il Rinascimento, 1902. Il testo mi è stato cortese­mente fornito da Pino Marcone. Anche l’attività professionale del­lo studio Masoero è in questi anni segnata da questa particolare at­tività, tanto che le inserzioni pub­blicitarie riportano: “Masoero Cav. Pietro. Studio fotografico. Diapositive da proiezione, per contatto, ridotte da negativi o tratte da positivi”,  Giovanni Santoponte, Annuario della fotografia e delle sue applicazioni.  Roma: Tip. Casa Ed. Italiana, 1909, supplemento, p. 23.

 

[19] Pietro Masoero, La scuola, 1901, p. 33 passim; lo scrupolo di prepa­razione e di ricerca è testimonia­to anche dalla consistenza della bibliografia usata da Masoero che comprende ben 20 titoli. In alcune occasioni è anche riporta­to il giudizio di Gustavo Frizzoni, sebbene suoi testi non siano com­presi in bibliografia, ciò che fa­rebbe supporre una frequentazio­ne diretta già in quegli anni.

 

[20] Per la datazione degli affre­schi novaresi cfr. Giovanna Galante Gar­rone, in Gaudenzio Ferrari e la sua scuola. I cartoni cinquecenteschi dell’Accademia Albertina, catalogo della mostra (Torino,  Accademia Albertina di Belle Arti,  marzo-maggio 1982), a cura di Giovanni Romano. Torino: Accademia Albertina Belle Arti, 1982.

 

[21] Cfr. nota 18.

 

[22] Cristina Mossetti, Interventi di tutela sul patrimonio artistico del novarese, in Alfredo D’Andrade: tutela e restauro, catalogo della mostra (Torino, 27 giugno-27 settembre 1981), a cura di Daniela Biancolini Fea, Maria Grazia Cerri, Liliana  Pittarello. Firenze: Vallecchi, 1981, p. 342.

 

[23] Cronaca dell’agitazio­ne per la conservazione del convento di santa Maria delle Grazie in Varallo, in Il chiostro di santa Maria delle Grazie in Varallo.  Novara, s.e.,  1905, p. 13.

 

[24] Guido Marangoni, Il Sant’Andrea di Vercelli, “Rassegna d’arte”, 9 (1909), n. 7, pp.122-126; n.  8-9, pp. 154-158; n.  11, pp. 180-186; le tre parti avevano come sottotito­lo rispettivamente “Intorno alle asserite sue origini inglesi,” “Le ipotesi sulle origini francesi” e “Prevalenza dei caratteri naziona­li”.

 

[25] Francesc Picco, Vercelli.  Milano: E. Bonomi, 1910.

 

[26] Atti del XIII Congresso storico subalpino,  “Bollettino Storico Bibliografico Subalpino”, 16 (1911), p. 193.

 

[27] Guido Marangoni, Bernardino Lanino a Legnano, “Rassegna d’arte”, 10 (1910), pp.114-121. Le imma­gini che corredano l’articolo ­senza indicazione dell’autore ­non sembrano essere di Masoero, ma sarà necessario un confronto diretto con le lastre conservate al Museo Borgogna per stabilirlo in modo più preciso.

 

[28] Nella seduta del consiglio di Amministrazione del Museo Bor­gogna del 18 Dicembre 1920 Ma­soero propone che vengano espo­ste periodicamente le “incisioni, disegni e fotografie che numero­se ed importanti sono possedute dal Museo (…) per concorrere all’e­ducazione artistica del popolo” (Archivio del Museo Borgogna, Verbali). Dal necrologio di Masoe­ro, morto il 2 giugno 1934, pub­blicato su “L’Eusebiano” sappia­mo anche che le immagini di Ma­soero erano pubblicamente espo­ste (“le cui diapositive possiamo ammirare nel Museo Borgogna”).

 

[29] Pietro Masoero, La scuola vercel­lese, in Vercelli nella storia e nell’arte: guida artistica illustrata.  Vercelli: Gallardi,  1930,

pp.39-50.